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Michele Santuliana racconta “L’eco delle battaglie”

Raccontare la guerra per riflettere sulla pace

Ho iniziato presto ad appassionarmi alla storia. Cresciuto in un piccolo paese sulle colline dell’ovest vicentino, fra vecchie case, antichi sentieri e racconti di contrada, ho considerato da sempre il passato come qualcosa di vivo e presente. Non mi stancavo mai di ascoltare quando qualcuno raccontava, avevo fame di racconti, si trattasse di leggende popolari o di storie di vita vissuta. Fu così che un giorno venni a conoscenza, per bocca della mia nonna materna, della terribile guerra “del ’15-18”, una guerra combattuta da italiani ed austriaci sulle montagne all’inizio del Novecento, una guerra dalle proporzioni tali che la gente l’aveva chiamata “grande”, la più grande che fino ad allora si fosse vista.
La mia curiosità di bambino cominciò a correre di pari passo con la fantasia. Chiesi informazioni a tutti coloro che riuscii a interpellare e non appena ebbi imparato a leggere mi feci addirittura regalare dei libri sull’argomento. Tuttavia ciò non bastò ad accontentarmi. Volevo sapere. In un mondo che non conosceva ancora internet, i “libri” più importanti che mi aiutarono a scoprire il passato furono i luoghi stessi in cui il conflitto si era combattuto. D’estate con la mia famiglia salivo sulle prealpi venete per periodi di villeggiatura o singole escursioni. Faticando non poco, a prezzo di vesciche ai piedi e mal di schiena, percorsi i sentieri che portavano alle vette contese fra italiani ed austriaci. Montagne come il Pasubio, l’Ortigara, il Cengio, il Grappa divennero luoghi mitici per me, vere e proprie porte sul passato: camminare su quelle montagne, respirare l’aria frizzante delle cime era davvero come fare un salto nella storia.
Il mio occhio di bambino imparò presto a riconoscere in un fosso i resti di una trincea, in una caverna una postazione, in un terreno spianato il basamento di una baracca. Non bastava: quando l’occhio si posava sul terreno non era difficile scoprire altri resti materiali che quel lontano conflitto aveva lasciato. Lungo i sentieri si potevano rinvenire schegge più o meno grandi, pallettoni di piombo, chiodi di ferro un tempo appartenuti agli scarponi dei soldati; fra gli aghi di pino del sottobosco emergevano scatolette, resti di gavette, filo spinato e altro ancora. Un giorno uno zio mi regalò un rasoio. Mi raccontò di averlo trovato sulle postazioni austriache dell’Ortigara, sotto un sasso. Rimasi a bocca aperta e quando, in quinta elementare, arrivai a studiare la Prima guerra mondiale lo portai orgogliosamente a scuola assieme agli altri pezzi della mia piccola collezione.

Oggi nelle scuole primarie italiane la Prima guerra mondiale non si studia più. Eppure può capitare che un bambino chieda all’insegnante come mai qualcuno esponga il tricolore il giorno 4 del mese di novembre o come mai nella sua città esista una via dedicata a questa data. L’eco delle battaglie è stato scritto anche per risponde a questa esigenza a ormai cento anni dal conflitto. La Prima guerra mondiale è una tappa imprescindibile della storia d’Italia e d’Europa.
Se oggi un cittadino italiano può dirsi europeo lo deve anche ai momenti più bui della storia comune, momenti in cui l’uomo ha impugnato le armi contro altri. È così che sono nati Irene ed Emanuele e loro incredibile vacanza sull’altopiano di Asiago: nulla di straordinario in sé, una vacanza che ciascun bambino potrebbe vivere in località montane del Veneto, del Trentino Alto Adige o del Friuli, regioni che portano ancora numerosi segni della Grande Guerra, eppure una vacanza che consente di toccare con mano la storia anche attraverso i suoi aspetti più tristi e dolorosi. Fra passeggiate nei boschi, incontri, amicizie e racconti, i bambini scopriranno cosa la Prima guerra mondiale rappresentò per milioni di cittadini italiani ed europei. Irene ed Emanuele, così diversi fra loro, vivranno un’esperienza che li farà entrambi crescere e maturare e che spesso ho consigliato ai miei giovani lettori, in particolare quando essi mi chiedevano il significato del titolo del libro.

Ho risposto sempre allo stesso modo: un giorno, in escursione sul monte Zebio, una delle cime dell’altopiano maggiormente contese durante il conflitto, Irene osserva le trincee e le postazioni. Intorno a lei soltanto il silenzio. D’un tratto in quel silenzio, grazie a quel silenzio, le sembra di sentire l’eco lontano delle battaglie avvenute. La bambina prova un brivido avvertendo quanto forte può essere il segno della storia. Basta imparare a tenere gli occhi aperti, allenato lo sguardo. A noi il compito di mantenere il ricordo del passato per costruire insieme un futuro di pace.

Michele Santuliana

Michele Santuliana vive in provincia di Vicenza. Cresciuto ascoltando storie, scrive oggi per adulti e bambini. Con Raffaello Editrice ha pubblicato il racconto “Alessandro Magno. Sui passi di un condottiero”.

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